PRATO – L’indagine sull’illecito sistema di ingresso di telefoni cellulari e droga nel carcere di Prato si allarga con la scoperta, da parte della procura di Prato guidata da Luca Tescaroli, di una centrale di rifornimento e stoccaggio di sostanze stupefacenti utilizzata dai detenuti in permesso per portare poi la droga nel carcere La Dogaia.
La base di rifornimento è stata individuata in uno stabile della Caritas Diocesana, costituito da sei stanze messe a disposizione dei detenuti autorizzati a uscire dal carcere. A seguito della perquisizione dei locali sono stati rinvenuti negli spazi comuni 23 grammi di cocaina, suddivisi in tre ovuli e nascosti dietro lo specchio del bagno, e 17 grammi di hashish, presente in altri cinque grammi anche in cucina insieme ad un bilancino di precisione.
Dagli accertamenti i detenuti in permesso accedevano allo stabile senza controlli e sono risultati allontanarsi in libertà, anche in violazione dei limiti temporali imposti dal magistrato di sorveglianza. Come evidenziato dalla Procura le ridotte dimensioni dei quantitativi, la suddivisione in dosi pronte per il trasporto e la vendita e il bilancino di precisione accreditano la tesi che lo stabile fosse utilizzato come centro di raccolta, preparazione e smistamento verso il carcere dello stupefacente.
Un altro canale dell’ingresso della droga che si aggiunge a quello mediante occultamento nelle parti intime o negli indumenti dei familiari andati a colloquio, che per la procura dimostra l’inidoneità dei controlli esistenti. Durante la perquisizione nello stabile erano presenti due soggetti, un detenuto in permesso con precedenti per stupefacenti che poi è evaso, facendo perdere le sue tracce e nel corso del tempo è stata riscontrata la presenza anche di altri detenuti in permesso.
È stata la denuncia di don Enzo Pacini a permettere il ritrovamento della droga all’interno di Casa Jacques Fesch a Prato, dedicata all’accoglienza dei detenuti in permesso. Come spiegato dalla Diocesi di Prato, il sacerdote cappellano del carcere della Dogaia e direttore della Caritas Diocesana di Prato, ha informato in prima istanza la Polizia Penitenziaria che durante le pulizie ordinarie della struttura era stata rinvenuta una sostanza sospetta. Questa denuncia è stata poi trasmessa in Procura.
La Casa Jacques Fesch di via Pistoiese, intitolata al criminale francese convertito in carcere, nasce nel 1990 ed è stata fortemente voluta dai cappellani del carcere per dare un tetto a quei detenuti che hanno ottenuto un permesso premio, ma non hanno un posto dove stare. La Casa fornisce un servizio di alloggio temporaneo alternativo all’istituto di pena. Un luogo protetto dove i carcerati possono incontrare i loro familiari.
Negli anni tanti detenuti e le loro famiglie hanno potuto utilizzare questo luogo di accoglienza. «A fronte di quanto è successo, si tratta di un servizio prezioso – spiega don Enzo Pacini – perché dà modo a chi non ha una casa di poter usufruire di un permesso per uscire dal carcere. La nostra è una struttura che ha contribuito e sta contribuendo a percorsi di rieducazione e di reinserimento sociale dei detenuti».
Nella gestione di Casa Jacques Fesch sono impegnati quattro volontari. Non hanno compiti di custodia, né di vigilanza, sono incaricati di curare l’accoglienza e di verificare il corretto utilizzo degli spazi affidati ai detenuti. Attualmente la struttura non è posta sotto sequestro, la Caritas è in attesa di sapere se ci saranno eventuali limitazioni.
Foto di copertina: Prato, penitenziario La Dogaia.
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