Diario

La dittatura mediatica di Mark Zuckerberg

di Andrea

Si chiama censura, anche nel ventunesimo secolo e nell’ambiente glamour e politically correct dei social networks. Funziona così. Mi imbatto in un post che riprende un articolo di giornale che racconta di come l’Unione Europea nelle intenzioni della von der Leyen e di chi l’ha messa dov’è dovrebbe diventare un superstato nazionale guidato dalla èlite di Bruxelles.

Un qualcosa che assomiglia tanto al lebensraum di cui parlavano i tedeschi una ottantina di anni fa. E guarda caso, alla guida di tutto ciò che sta succedendo ci sono nuovamente loro. Mi viene spontaneo commentare con quello che era uno degli slogan nazisti più forti: Ein Volk, ein Reich, ein Fuhrer (Un solo popolo, un solo stato, un solo capo). E’ ironico, ovviamente, lo capirebbe anche un mentecatto.

Invece, mi arriva il rosso diretto dei sovrintendenti al monitoraggio delle pagine Facebook. Il messaggio è lapidario: ho violato gli standards del social network incitando all’odio razziale. La sentenza lo è altrettanto: il mio account è bloccato per tre giorni, non posso pubblicare, interagire, commentare e nemmeno mettere mi piace.

Una parte c’è chi gioisce per la censura che ti è toccata, dall’altra chi semplicemente, ormai anestetizzati, cloroformizzati, lobotomizzati da questa social cretinata che si è sostituita a quella che una volta era la nostra vita reale, si disinteressa perché troppo occupata a seguire la miriade  di cavolate che passano su Facebook ogni giorno, attirate come mosche da un miele vischiosissimo.

PS: Ho disattivato il miei accounts!

Autore

Andrea

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