Almanacco Diario

L’alluvione di Firenze

di Andrea

Aveva piovuto per più di dieci giorni, ininterrottamente. Non era una novità, né per Firenze né per la Toscana. Periodicamente i fiumi andavano in piena, e a volte straripavano, per lo più nelle campagne, senza fare danni ma anzi semmai benedicendo la terra che i contadini lavoravano da sempre.

Nell’autunno del 1966, all’appressarsi di quel 4 novembre piovve tanto, come già in altre annate. Ma nessuno si aspettava che le cose si mettessero al peggio proprio in città. Gli straripamenti a monte e a valle di Firenze e di Pisa, per tutta la piana dell’Arno, erano quasi attesi e dati per scontati.

A Pasqua, la Colombina non si era incendiata e il Carro non era scoppiato, nella tradizionale cerimonia che si teneva ogni anno in Piazza del Duomo. Ciò era ritenuto dai vecchi un presagio infausto, ed era successo in un’altra unica circostanza, nel 1940. Quella volta, gli aveva fatto seguito l’entrata nella Seconda Guerra Mondiale.

04.11.1966 – Lungarno della Zecca

Chi vide l’Arno la sera del 3 novembre dopo cena ne rimase impressionato. Ma ancora nessuno volle credere né ai presagi né a previsioni più scientifiche. Le spallette dell’Arno avevano retto a tante piene, ce l’avrebbero fatta anche stavolta.

E invece, nella notte successe qualcosa, il fiume ingrossò ancora, gli ultimi decimetri a raggiungere l’orlo delle spallette furono colmati. Alle 3:30 della notte del 4 novembre un vigile del fuoco che passava da Ponte Vecchio vide i primi zampilli dell’acqua che si riversava sul Lungarno, oltrepassando le murate.

Dette l’allarme immediatamente, ma ormai era troppo tardi. Alle 4:00 il Lungarno Benvenuto Cellini fu il primo a cedere rovinosamente, e da lì l’acqua in breve tempo sommerse l’Oltrarno. San Niccolò e San Frediano finirono sott’acqua in un attimo. Un’ora dopo la stessa sorte era toccata anche agli altri quartieri centrali della città.

04.11.1966 – Lungarno

Alle 6:00, l’alba sorse su una città che si stava allagando completamente fino alle periferie. Alle 7:00 fu investita la Biblioteca Nazionale e la Chiesa di Santa Croce, da una furia delle acque che non si placava. A quell’ora la nuova sede de La Nazione in Via Paolieri era già fuori uso, e solo la RAI riuscì a tenere informato il resto del mondo di quanto succedeva a Firenze.

Alle 9:00, l’acqua ormai in tutta Firenze arrivava al primo piano delle case, più o meno dove oggi in molte strade della città si possono osservare le apposite targhette commemorative. Il Sindaco Piero Bargellini, assediato a Palazzo Vecchio dall’acqua come i suoi concittadini, diramò a quel punto alle autorità nazionali la richiesta di aiuto (allora non esisteva lo stato di calamità naturale).

L’alluvione di Firenze fu un evento di tale portata emotiva prima ancora che di cronaca da surclassare eventi analoghi (e forse anche più disastrosi in senso stretto) che si verificarono in tutto il resto della Toscana ed anche in altre zone dell’Italia, soprattutto in quel Veneto in cui era ancora viva la memoria della terribile alluvione del Polesine del 1951.

04.11.1966 – Piazza Santa Croce

L’acqua defluì in un giorno, o poco più. Il fango ci mise più di un mese a sparire dalle strade di Firenze. Tutti gli uomini validi si misero al lavoro a spalare e a liberare le proprie cose, chi la macchina, chi il negozio, chi un fondo di magazzino. I più, soltanto per scoprire di aver perso tutto.

I soccorsi arrivarono con la giusta calma, com’è uso in Italia. La gente aveva fatto da sé, lavorando tra disperazione, rabbia, e ironia tutta toscana. Narra una leggenda di quella donnina che vuotava la propria cantina gettando a secchiate fuori l’acqua e dicendo: «Meno male c’è l’Arno, se no tutta quest’acqua dove si buttava?».

Il danno più lungo ad essere riparato fu quello al patrimonio artistico. Gli angeli del fango arrivarono da ogni parte del mondo a salvare quel patrimonio che già allora era sentito come appartenente a tutta l’umanità. Il Cristo di Cimabue in Santa Croce, le Porte d’oro del Battistero di Ghiberti, le opere nei magazzini degli Uffizi e i documenti della Biblioteca Nazionale.

Il Governo nazionale si limitò allora ad un contributo a fondo perduto di 500.000 lire a chi aveva perso il negozio, finanziate con una delle tante accise (di 10 lire al litro) sul prezzo della benzina, peraltro ancora oggi in vigore. La Fiat offrì uno sconto del 40% a coloro che avevano perso la macchina e desideravano ricomprarne subito un’altra.

Gli altri aiuti giunsero grazie a privati sensibilizzati da personalità del mondo dello spettacolo, come Franco Zeffirelli che realizzò il celebre documentario Per Firenze, con la voce in italiano di Richard Burton. E’ stato calcolato che se si ripetesse oggi una alluvione come quella di Firenze, il danno economico sarebbe valutabile sui 20 miliardi di euro.

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Andrea

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