Se la prima della Traviata era sembrata un clamoroso passo falso di un grande compositore già affermato presso i suoi contemporanei, quella del Nabucco al contrario fu un’apoteosi. Tale da decretare il successo di un giovane genio musicale destinato ad incarnare non soltanto la propria fama, ma addirittura il sentimento profondo di una intera nazione.
Il 9 marzo 1842, quando l’opera debuttò alla Scala di Milano, Giuseppe Verdi non aveva ancora trent’anni. Nabucco era la volgarizzazione italiana di Nabucodonosor, il re babilonese sotto il quale gli Ebrei avevano sofferto l’esilio ed una delle loro tante cattività. La musica era maestosa, evocava moti di uno spirito che già al tempo si muoveva per conto suo, impetuoso.
La storia poi sembrava fatta apposta per incontrare il favore dei contemporanei. Il sogno di libertà della nazione ebraica costretta in catene a Babilonia era anche quello della nazione italiana sotto la dominazione austriaca. Era il sogno romantico del Risorgimento, che avrebbe trovato la sua realizzazione di lì a poco, e che avrebbe fatto di Verdi il più importante dei suoi aedi, un patriota ad honorem.
Dopo quella prima volta del 1842, il Nabucco del musicista di Busseto sarebbe tornato tante volte alla Scala, spesso per aprire la stagione operistica. Per tutta la stagione delle guerre di indipendenza nazionale, il pubblico presente a teatro avrebbe gridato quel VIVA VERDI finale con particolare enfasi. Significava Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia.
Ancora oggi, c’é chi vorrebbe fare del Va’ pensiero l’inno nazionale italiano, come tributo ad una delle opere più belle e importanti scritte dal più grande dei compositori italiani, ma soprattutto a quella stagione risorgimentale della nostra patria di cui egli seppe incarnare come nessun altro la passione profonda.
E’ giusto che l’Italia continui a radunarsi a coorte sulle note della composizione di un altro patriota italiano, il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli. E’ giusto anche ricordarsi del perché il coro del Nabucco di Giuseppe Verdi per gli italiani non sarà mai un canto qualsiasi.
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